Un'immagine generica segnaposto con angoli arrotondati in una figura.

Il cenobio di San Pietro

Edificio di culto - Chiesa

Il cenobio di San Pietro


Un'immagine generica segnaposto con angoli arrotondati in una figura.

Descrizione

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cenobio san pietro
La congregazione benedettina pulsanese, fondata da S. Giovanni da Matera che la governò per dieci anni, dal 1129 al 1139, anno della sua morte a Foggia, ai venti di giugno, ebbe vita, nei suoi ventitrè Monasteri, fino al 1379, quando l'ultimo abbate, Antonio, compromesso nel partito dell'antipapa Clemente VII, sostenuto dalla regina Giovanna Primo, dovette cedere Monasteri e beni annessi.
Tra i Monasteri della Congregazione Benedettina Pulsanese vi è anche San Pietro, fondato dal beato Gioele, terzo successore del Santo fondatore. Pulsano, è una contrada del comune di Monte Santangelo, nel Gargano, sita in una posizione panoramica sul golfo di Manfredonia e la pianura sottostante. Fu sede, circa 14 secoli fa, di una comunità di eremiti.
Dopo alterne vicende divenne Abbazia per opera di S. Giovanni da Matera, fondatore dei benedettini, detti appunto pulsanesi.
Ebbe ampia approvazione dal Papa Alessandro III che nel 1177 vi si recò di persona per consacrare la Chiesa Abbaziale. Era allora abbate Gioele, poi proclamato Beato, succeduto al Fondatore e al Beato Giordano, tuttora, quest'ultimo, ricordato nel calendario liturgico di Manfredonia, al 23 gennaio.
Gioele era nato a Monte Santangelo da nobile famiglia. Resse la Congregazione dal 1145 al 1177, anno della sua morte, avvenuta pochi giorni prima dell'arrivo di Papa Alessandro III..
Diede un grande incremento alla famiglia religiosa con la fondazione di parecchie Abbazie, tra le quali S. Pietro "a Cellaria", la cui fondazione va posta prima del 1177 e, di Santa Maria "De Plano" (femminile), della stessa epoca.
Il Beato Gioele, ad una intensa attività di espansione, abbinò una forte spiritualità. Purtroppo le vicissitudini dei tempi e l'incuria degli uomini hanno fatto sì che l'Abbazia "Madre" di Pulsano si sia ridotta a quasi un rudere. Dalla Chiesa è scomparso tutto, suppellettili e vasi sacri.
La grandezza del Monastero di San Pietro, quale si può intuire, ma non con totale sicurezza, dall'attuale perimetro delle strutture, fa pensare ad una comunità di non meno di venti monaci. La proprietà terriera annessa, era considerevole e assai ferace. Ebbe perciò, vita molto intensa per le opere e le attività proprie delle famiglie benedettine. Era circondata da densi boschi, ora scomparsi. Posta a ridosso di un declivio montagnoso, a circa 800 metri, di fronte al massiccio del Volturino, dominava i tratturi lungo il fondovalle del "Piesco", verso il Basento, Matera e la Puglia.
Il panorama, visto dall'alto del cenobio, si allarga verso ovest, nella profondità di un cielo terso, ovattato di silenzi profondi. Si scorge chiaro e ben disegnato l'abitato di Calvello, mollemente adagiata come in una culla vegliata amorosamente dalla catena della "Serra" o "Lama di Marsico" e protetta dal colosso appenninico.
Caratteristico è il passo, che, come un disegno ben tracciato a conca, permette uno sguardo più lungo sull'orizzonte lontano, facendoci intravedere squarci di cielo del Vallo del Diano verso Salerno. L'Abbazia è visibile da ogni parte; ad ovest la visione è limitata dal "truce" massiccio di "Caperrino". Lo spettacolo visivo si esalta e si arricchisce in un abbraccio di valli e varchi, piani e colline, degradanti verso strade e tratturi e in un susseguirsi ininterrotto di gioghi e cime, ove ricoperti di boschi, ove scabri e rocciosi, punteggiati di labili immagini di paesi appena intravisti, avvolti nelle nebbie e foschie.
A poca distanza, circa 4 Km., sorgeva l'altro Monastero, Santa Maria "De Plano", della stesa epoca e, forse della stessa Congregazione, ma femminile, come già detto.
Lo splendore dell'Abbazia di S. Pietro, durato per circa 150 anni, si andò appannando col lento ed inesorabile declino della Congregazione, dovuto alle lotte che dilaniavano la Chiesa in quel tempo, e per contrasti interni.
Di S. Pietro "a cellaria", nel registro 234 al foglio 243, sono riportati: l'abate Andrea, eletto nel 1358 da Papa Innocenzo VI e, benedetto da Pietro cardinal di Palestrina, succedendo all'abate Gregorio, trasferito nel 1357 alla Badia di S. Pietro "de Tasco" in diocesi di Trivento.
Con la fine della Congregazione nel 1379, il Monastero restò abbandonato, e lentamente decadde, anche nelle strutture architettoniche.
Nel 1587 venne assegnata alla Cappella Sistina di Santa Maria Maggiore in Roma, da Papa Gregorio XIII. Il degrado si accentuò maggiormente nei secoli seguenti; le terre vennero date in fitto ai contadini, che trasformarono il Monastero, già gravemente compromesso, in ricetto di animali e in deposito, per adattarlo alle necessità agricole.
Le manomissioni e le trasformazioni non si contano, tanto sono state numerose e deleterie. L'aspetto è stato del tutto cambiato e, della Badia originaria non resta quasi più nulla, se si eccettua un abside destinato a fienile e stalla, e sulle cui pareti si notano resti di affreschi, ma non dell'epoca benedettina. Probabilmente dopo il 1379 la Cappella di S. Pietro, con la scultura lignea del Santo e la campanella, in questi ultimissimi anni asportati dai ladri, continuò ad essere luogo di devozione per il Principe degli Apostoli, e officiata. Quando poi si insediarono in Santa Maria "de Plano" i Minori Osservanti di San Francesco di Assisi, questi, subentrando al Clero secolare, ne curarono il decoro, arricchendola di affreschi di cui restano i segni, così come avevano fatto nella Chiesa e nel chiostro del loro convento. Sono da attribuirsi alla metà del 1600.
Attualmente la Soprintendenza ai beni storici e architettonici della Basilicata ha vincolato i resti dell'abside, ma dovrebbe estendere il provvedimento a tutta la struttura. Infatti, da un più attento esame, questa ha fondamenta ben solide e il totale recupero dell'Abbazia, anche se presenta, come è naturale, difficoltà notevoli, è possibile. Intanto sarebbe opportuno, tanto per cominciare, effettuare scavi ed assaggi nei dintorni e negli scantinati. Potremmo trovarci, fortunatamente, di fronte a sorprese di notevole interesse, e saperne di più di quanto oggi conosciamo, specialmente circa il vero perimetro del fabbricato primitivo, all'attività dei monaci e alla sua vera storia, tuttora ovattata da una fitta nebbia.
Le notizie che si hanno non ci dicono molto d'uno splendore che certamente rifulse su quell'altura. L'appello è rivolto alle autorità di ogni grado per le specifiche competenze.
Circa il 1927 la Cappella Sistina vendette terre e fabbricati ai contadini, che hanno finito così di distruggere tutto quanto ancora poteva dare un pallido ricordo di un Monastero. Fino a qualche anno fa, come sopra detto, si conservava nei resti dell'abside, una scultura lignea raffigurante S. Pietro, molto compromesso dal tarlo e dall'umidità, ma di delicata fattura nei particolari e nelle rifiniture . Bizantineggiante, la statua raffigurava il Principe degli apostoli in posizione rigida. Aveva una espressione solenne e ieratica. L'opera da attento esame era dell'epoca, intronizzata dai monaci all'epoca della fondazione del cenobio.

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