Un'immagine generica segnaposto con angoli arrotondati in una figura.

Il monastero delle teresiane

Edificio di culto - Chiesa

Il monastero delle teresiane


Un'immagine generica segnaposto con angoli arrotondati in una figura.

Descrizione

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Sorgeva al centro dell'abitato, poco distante dalla Chiesa Parrocchiale, con la facciata centrale sul corso: l'ex Monastero delle Teresiane con l'annessa Chiesa dedicata a Santa Teresa D'Avila. Ora non c'è più, o meglio è stato trasformato, in uno al Sacro Tempio, in un complesso industriale, dato a supermercato-panificio. Solo con la fantasia e alcune notizie storiche attendibili, ricavate da scarsi documenti e labili tradizioni, possiamo pensare ad un centro religioso di notevole importanza. La totale scomparsa di ogni residuo monastico è di pochi anni fa, almeno per quanto riguarda la Chiesa. Era ad una navata con un altare al centro; a destra, in alto, il coretto delle religiose, munito di fitta grata, attraverso la quale le vergini consacrate assistevano alla Santa Messa e alle altre funzioni e riti sacri.
La Chiesa per molto tempo, nel secolo passato, disimpegnò le funzioni proprie della Parrocchia, con la conservazione del Santissimo Sacramento e del Sacro Fonte battesimale. Il monastero, invece, venne venduto ai privati, con passaggio di molte mani, fino a quando gli ultimi acquirenti lo convertirono ad abitazioni private. E' un pezzo di storia dolorosamente scomparso, e che pure aveva avuto tanta incidenza nella storia calvellese.
Il monastero per monache di stretta clausura, era stato edificato nel '600, certamente promosso dall'ordine religioso Carmelitano, riformato da Santa Teresa D'Avila. Questa grande figura, dottore della Chiesa e riformatrice audace della vita monastica, era nata ad Avila (Spagna) il 28 marzo 1515 da nobile ed antica famiglia. Si chiamava Teresa De Cepeda J e De Ahumada. Fin da piccola mostrò attenzione per la vita religiosa. Perduta la madre all'età di 12 anni, tre anni dopo entrò nel Carmelo della sua Città.
Con l'aiuto di San Giovanni della Croce diede mano alla riforma della vita religiosa, assai rilassata, dando esempio personale di rigore, praticando una vita esemplare in ogni virtù. Svolse intensa attività con la fondazione di nuovi conventi. Ha lasciato molti scritti di alta Teologia, quali: "Il cammino della perfezione" - "Il libro della vita" - "Il castello interiore" - "Lettere e poesie". Dotata di profondo buon'senso, aveva un carattere simpatico, abile, tenace e d'altra parte gioioso e sorridente. Lasciò questa vita nel Monastero di Alba di Tonnes all'età di 67 anni, la notte del 4 ottobre 1582, nell'anno cioé in cui, per la correzione del calendario giuliano, operata da Papa Gregorio XIII (di qui il calendario Gregoriano), si passava a piè pari dal 4 al 15 ottobre.
Siamo nel periodo della forte espansione religiosa di Calvello, quando l'ex Abbazia, con l'annessa Chiesa di Santa Maria "De Plano", veniva data da Sisto V ai Minori Osservanti di San Francesco D'Assisi.
La "populosa universitas calvellensis", deliberava di arricchirsi anche di una comunità femminile. La si volle ubiquare poco distante dalla Chiesa Parrocchiale. Fu dotata di beni terrieri verso San Pietro "a cellaria", che ancora oggi sono conosciuti come: "masseria delle monache", nonché d'un vasto giardino recintato da un muro molto elevato, sì da evitare sguardi indiscreti e assicurare il completo isolamento delle monache.
La rigorosa clausura vietava, infatti, qualsiasi contatto con l'esterno. Per le necessità si provvedeva con persone sicure e riservate, attraverso la tradizionale ruota di comunicazione e varchi ben custoditi. Le visite dei parenti, regolate da precise norme, avvenivano nel parlatorio, attraverso una fittissima grata che occultava pressoché del tutto gli interlocutori.
La vita delle monache s'alternava tra la preghiera, la salmodia, la meditazione, lo studio e i lavori donneschi, sempre in un rigoroso silenzio, interrotto brevemente solo nelle grandi occasioni.
Le famiglie dei benestanti arricchivano il corredo delle proprie figlie con pregiati capi di biancheria, riccamente ricamata, che le religiose confezionavano con rara arte e valentia. Varie altre attività venivano operate nel monastero. Si ricordano gli elisirs, liquori a base di erbe amare e bacche raccolte nei boschi; paste e dolci confezionati in esclusiva e distribuiti gratuitamente in occasione di vestizioni, emissioni di voti, consacrazioni perpetue.
Tra le sacre mura la vita pulsava intensa, serena e armoniosa, in una stretta unione di cuori e d'intenti.Si ricordano: una suor Angela del Redentore, volata al cielo nel '700, lasciando meravigliosi esempi di carità, tutta data alla preghiera e allo studio. Ad essa ricorrevano ammalati, anime depresse e dubbiose, fidanzate in pena e ansiose, in cerca di consigli.
Suor Teresa di Gesù Crocifisso, molto ricercata per la sua saggezza; pare provenisse da una famiglia nobile di Ferrandina; suor Sofia del Santissimo Sacramento, di Calvello, eccezionalmente esperta nel ricamo e nelle confezioni.
Il periodo di maggiore splendore della comunità è da porsi dal '600 a tutto il '700. Il monastero aveva una vita economica tranquilla, assicurata da beni terrieri molto estesi e dalle "doti" delle claustrali, ben impiegati. La decadenza iniziò nell'800, quando gli animi si accendevano, incendiandosi alle nuove dottrine libertarie; la lotta alla Chiesa si espandeva un pò dappertutto e la disciplina religiosa subiva scosse sempre più forti.
Le leggi eversive del 1866 e seguenti, emanate dal giovine Regno d'Italia, sopprimevano l'asse ecclesiastico e sfrattavano dai conventi sequestrati , monache e frati. Le ultime Teresiane di Calvello ritornarono nelle rispettive famiglie, spegnendosi nel silenzio e nel ricordo di una vita di preghiere e di lavoro.
Purtroppo, come sempre ovunque accade, accanto ad una vita veramente esemplare non mancarono episodi incresciosi. Lungo il corso dei tre secoli di vita del Monastero, e malgrado la vigilanza accurata delle badesse, qualche maglia si squarciava nel tessuto della stretta clausura.
Si ricorda una Suor Maria dell'Addolorata, appartenente a famiglia distinta calvellese, di eccezionale e prorompente bellezza, costretta in età molto giovane, a velarsi contro voglia, mentre coltivava in segreto un amore corrisposto con un giovane del posto, di pari lignaggio. Il silenzio del chiostro, le preghiere e le attività varie non spensero nella fanciulla la fiamma che le incendiava il cuore. Le relazioni precedenti col giovane continuarono, con espedienti che solo l'amore riesce a trovare.
Gli incontri notturni avvenivano in un angolo del giardino, raggiunto attraverso l'arco delle monache. La giovane monaca restò incinta. Il turbamento della comunità, alla scoperta del fatto, fu enorme. Tuttavia le Superiori del Monastero riuscirono ad occultare il tutto, la colpevole venne segregata e guardata a vista, ed il frutto dell'amore proibito fu deposto, come si usava, all'ingresso della vicina Chiesa Parrocchiale, avvolto in poveri cenci, onde simularne la provenienza. L'epoca dell'episodio è da porsi nel 3° decennio dell '800, e fa parte di quanto confidato dalle ex monache, dopo la chiusura del Monastero. Nulla si seppe mai, fuori dalle mura e dalle inferriate della casa religiosa; tuttavia, il fatto grave ed ingrescioso ebbe un seguito.
Il neonato fu raccolto dal Parroco del tempo, don Francesco Saccomandi, che ignaro donde venisse, l'affidò ad una famiglia di buoni costumi e di pratica religiosa, con una figlia monaca. Caso volle fossero proprio i genitori della suora-madre. Essi furono fatti consapevoli, con estrema prudenza, tatto e discrezione di quanto accaduto alla propria figlia religiosa, e il tutto, per la sagacia del Parroco, che aveva esperite indagini a tappeto per scoprirne la provenienza, all'insaputa della Badessa e delle consorelle.
Il bambino venne accolto e trattato come un vero componente della famiglia. Tuttavia a salvare la segretezza gli fu dato, come d'uso per un "expositus" o "projectus", termini usati nei registri parrocchiali ad indicare un trovatello, un cognome di erba e un nome proprio augurale: Trifoglio Prospero.
La monaca-madre, nelle visite che i genitori le facevano, era di continuo tenuta informata sulla crescita del piccolo; non solo, ma aveva anche la possibilità di vedere il figlio nel parlatorio, e attraverso le fitte maglie della grata del coretto, quando la nonna lo portava seco alla messa domenicale.
La visita del piccolo, anche se intravisto "a scacchi" dall'alto, era una immensa gioia per la religiosa che si scioglieva in lacrime e si consumava di dolore per non poterlo abbracciare, baciare e stringerlo al seno. Doveva contenersi e controllare i propri sentimenti per non tradirsi presso le consorelle.
Il piccolo Prospero crebbe sano, circondato dall'affetto dei nonni, mentre la mamma, serrata nel Monastero, si consumava, giorno dopo giorno, nella tristezza e nei ricordi di quanto accadutole nella vita. Morì in età ancor giovane, 39 anni, quando il figlio ne contava 16 ed era divenuto ormai un giovane bello d'aspetto, aitante e forte. Era apprendista fabbro.
I genitori della suora-madre, carichi di anni, morirono alcuni anni dopo la figlia, e il giovane Prospero Trifoglio rimase solo nella vita.
Compromesso in uno dei frequenti moti insurrezionali dei compaesani, sempre pronti a ribellarsi al potere dispotico dei Borboni, venne catturato e tradotto nelle carceri di Napoli. Non se ne seppe più nulla dal 1855 in poi. Era nato il 6 febbraio 1835.
Avviandoci alla conclusione della nostra storia, è doveroso precisare che è del tutto fantasioso la tradizione di una segreta comunicazione tra il Monastero delle Teresiane e il convento di Santa Maria De Plano, sede dei Frati Minori Osservanti di S. Francesco, a mezzo di un tunnel sotterraneo che dall'orto delle monache sbucava in quello dei frati.
Della Chiesa del Monastero, ormai del tutto scomparsa, resta la statua di Santa Teresa. E' una grossa scultura lignea di pregevole fattura. Raffigura la Santa col volto verso il cielo, nell'estasi della contemplazione. E' opera di un ignoto artista che l'ha scolpita nel primo '600. La statua mostra chiari segni del barocco per il movimento delle linee, l'espressione del viso e dello sguardo, la ricchezza delle vesti e l'imponenza dell'atteggiamento. Tra le sculture lignee di Calvello, questa è tra le più pregiate.

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